Dieci anni fa, il 29 marzo, veniva a mancare Antonio Laforgia.
Scompariva dalla scena pubblica uno degli esponenti della nostra terra che agirono nella cosiddetta prima Repubblica.
Nonostante l’avanzata età, aveva continuato a dedicarsi ai segmenti produttivi con cui aveva avuto avvio il suo multiforme impegno.
Iniziò ad interessarsi agli artigiani a metà degli anni 50, assumendo la carica di direttore provinciale della loro Cassa Mutua di Malattia; presente altresì nel Consiglio comunale di Bari, ove svolse un ruolo di rilievo come assessore alle finanze.
Poi, nel 1963, la candidatura al Parlamento (vi rimase 20 anni), in quota alla Democrazia Cristiana, per il collegio di Bari-Foggia e l’elezione con oltre 43 mila voti.
Lo sostennero fasce di lavoratori autonomi che, in seguito, Laforgia rappresentò in molti organismi sindacali nazionali ed europei, gruppi dell’Azione Cattolica in cui aveva militato da giovanotto, in modo silente lo stesso arcivescovo Enrico Nicodemo entusiasta delle sue capacità di organizzatore delle tante piccole botteghe su cui si puntava per una concreta ripresa economica del Paese dopo la parentesi bellica.
A Montecitorio, durante la seduta di lunedì 21 ottobre 1963, il trentaseienne deputato Laforgia illustrò la sua prima relazione sull’artigianato italiano: uno spaccato ampio e dettagliato di quel vasto complesso di piccoli operatori, di sconosciuti maestri di tecniche antiche e preziose, guardati con particolare attenzione anche da Pio XII, perché ritenuti affidabili custodi di valori con i quali difendere l’istituto della famiglia dall’incalzante nuovismo.
E nei programmi esposti alla Camera, accanto agli elementi fondativi di scelte in materia economica che la D.C. aveva cominciato ad attuare sin dall’immediato dopo guerra, emersero i tratti precisi del cammino che le piccole e medie imprese avrebbero dovuto compiere per emanciparsi completamente da una condizione di marginalità sociale, esercitando il ruolo che a loro competeva quale forza determinante al benessere della popolazione.
Il credito agevolato fu al centro dei pensieri di Laforgia per il supporto agli imprenditori, specie a quelli del Sud tenuti ad offrire onerose garanzie, molto spesso extra aziendali, per ottenere prestiti necessari agli investimenti e all’innovazione.
La competitività delle aziende, richiesta per incentivare e proteggere la produzione - pensava Laforgia - andava favorita garantendo facilitazioni di accesso al credito e agevolazioni fiscali, formula vincente applicata purtroppo in modo discontinuo.
In aggiunta al credito, la cooperazione, tutta da scoprire e da praticare in un Mezzogiorno penalizzato da tenaci forme di individualismo, difficili da scongiurare, perché in linea con la meno rischiosa logica del “meglio soli”.
Nel 1958, Laforgia, leader dell’associazione di imprese che aveva fondato lo stesso anno, costituì la Cooperativa Artigiana di Garanzia di Bari, antesignana di organismi similari sorti poi in tutta la Puglia, per la concessione del piccolo prestito di esercizio, allora con l’importo massimo di 300 mila lire.
Si trattò di una vera conquista, di una idea singolare per la nostra realtà, non molto compresa nella fase di impianto, e realizzata prima ancora che il settore delle cooperative, nella oggettiva previsione di un suo possibile sviluppo, venisse regolato dal Ministero dell’Industria e del Commercio, cosa che effettivamente avvenne con decreto del 12 febbraio 1959.
Il Personalismo di Emmanuel Mounier e l’Umanesimo integrale di Jacques Maritain furono le teorie filosofiche ispiratrici dell’attività di Laforgia, nelle diverse fasi della sua vita:
- sindaco di Bari, 1970-1971, in costanza di mandato parlamentare, in una parentesi delicata in cui occorreva al timone della città un uomo di equilibrio, a debita distanza dalle fibrillazioni delle varie correnti di partito. Si diede così vita ad una Giunta monocolore D.C., appoggiata dall’esterno, di cui facevano parte, tra gli altri, Donato Accettura, Quintino Basso, Stanislao Bernardini, Stefano Bianco, Angelo Marino, Lorenzo Vitale, Vito Nerini. Nel Consiglio figuravano: Araldo Di Crollalanza, Manlio Livio Cassandro, Salvatore Formica, Mario Giannini, Michele Di Giesi, Enrico Piccone, Renato Scionti, Nicola Vernola, Gennaro Trisorio Liuzzi, da pochi mesi primo presidente della Regione Puglia;
- sottosegretario ai LL.PP. nel III Governo Andreotti, 1976-1978, periodo in cui furono assunti importanti provvedimenti, concordati con il ministro Gullotti e ratificati dal Parlamento, a beneficio dell’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese;
- presidente dell’Artigiancassa S.p.A.– Gruppo BNL, 2001-2006;
- fondatore e primo presidente della Banca di Credito Cooperativo di Bari, 1994-2011;
- amministratore della Fiera del Levante nonché della Camera di Commercio di Bari di cui fu anche presidente per un breve periodo.
Sostenitore di Aldo Moro, del quale condivise il pensiero e le intuizioni, Laforgia approvava il disegno del grande statista di un composito itinerario da compiere a piccoli passi, con un dialogo crescente capace di portare nel Governo quanto più possibile i partiti dell’arco costituzionale, confermando comunque la centralità della Democrazia Cristiana quale soggetto politico dalle diverse anime e perciò indispensabile alla stabilità delle istituzioni del Paese.
Di Moro rimase amico sincero anche quando, con l’evoluzione dei tempi, sorsero difformità di vedute.
Laforgia non entrò a far parte del nuovo Governo, il IV, formato da Giulio Andreotti; Moro se ne rammaricò e volle scrivere a Laforgia una lettera di saluto, di incoraggiamento e di solidarietà la sera del 15 marzo 1978, il giorno prima che venisse rapito dalla brigate rosse, in via Fani.
Fu l’ultima lettera scritta personalmente da Moro che il suo segretario particolare, Nicola Rana, fece recapitare a Laforgia con proprio biglietto del 19 maggio seguente, conclusa ormai la tragica vicenda della morte del presidente nazionale della Democrazia Cristiana.
Laforgia raccomandava sovente ai giovani di non praticare la cultura dell’appartenenza ma di coltivare la cultura della partecipazione: partecipare sempre e ovunque, fornendo il libero contributo delle proprie idee e delle proprie energie alla causa del bene comune.
Allo scopo di incoraggiare e sostenere i giovani nello studio e nell’iniziativa privata, fattori necessari ai programmi di sviluppo e di progresso della nostra terra, il 2014 è stata istituita la “Fondazione onlus Antonio Laforgia”, per volontà della famiglia e di Confartigianato.
Francesco Bastiani - Confartigianato UPSA